I prodotti a base di legno che utilizzano materie prime da foreste gestite in modo sostenibile, sono una scelta doppiamente saggia in quanto il legno non solo è una fonte rinnovabile, ma può in molti casi essere utilizzato al posto della plastica che, da sola, usa il 4% della produzione petrolifera globale ed è la principale responsabile dell’inquinamento dei nostri mari.
Il ruolo delle foreste nella lotta al cambiamento climatico
Le foreste sono il principale strumento per la lotta al cambiamento climatico grazie alla loro capacità di assorbire l’anidride carbonica: ogni qual volta una foresta viene abbattuta aumenta quindi la capacità del pianeta di assorbire gas serra. Per questo motivo il Parlamento Europeo propone ai paesi UE di compensare piantando nuove foreste quando si tagliano quelle esistenti, in modo da poter rispettare gli impegni presi con l’accordo di Parigi e riuscire a ridurre, entro il 2030, le emissioni di gas serra almeno del 40% rispetto ai livelli del 1990 in tutti i settori economici.
La FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, nel Rapporto sullo Stato delle foreste nel mondo 2020, evidenzia che l’equilibrio tra deforestazione e espansione delle foreste è già migliorato rispetto ai livelli del 1990, ma sottolinea che si può e si deve fare ancora molto.
Energia da legno e biomassa
Anche la produzione di energia da legno e biomassa può sostituire altri combustibili ad alta emissione di gas serra, come petrolio e carbone. Il legno poi, e quindi i nostri mobili o il nostro parquet, continua a trattenere il carbonio anche una volta tagliato e può rappresentare una riserva di CO2 anche per molti secoli. Incoraggiando quindi l’uso del legno in tutti gli ambiti possibili e incrementando al contempo la quota di alberi piantati, ancora troppo bassa, sarà possibile limitare progressivamente le emissioni di carbonio nell’atmosfera.
La deforestazione
Le foreste coprono il 31% della superficie terrestre e rappresentano una componente fondamentale della biodiversità mondiale, dove crescono 60 mila specie diverse di alberi e vivono l’80% delle specie di anfibi, il 75% delle specie di uccelli e il 68% di quelle di mammiferi.
In Europa, le foreste rappresentano il 33% del territorio, pari a 215 milioni di ettari, ed assorbono l’equivalente dell’8,9% di tutti i gas serra emessi ogni anno. Grazie alle politiche in atto, negli ultimi 25 anni quest’area è cresciuta di 17,5 milioni di ettari e, stando all’ultimo Inventario dell’Uso delle Terre in Italia (IUTI), anche l’Italia fa parte di questa tendenza, crescendo dal 1990 di oltre un milione di ettari, per un totale di 11,4 milioni e del 38% del territorio.
Nonostante questi dati incoraggianti e nonostante il tasso di deforestazione sia diminuito negli ultimi tre decenni, sempre secondo il Rapporto sullo Stato delle foreste nel mondo 2020, dal 1990 ad oggi abbiamo perso, a livello globale, 178 milioni di ettari. Questo perché più della metà delle foreste del mondo si trova in cinque paesi – Federazione Russa, Brasile, Canada, Stati Uniti d’America e Cina – dove la deforestazione è ancora elevata.
La situazione della deforestazione nel mondo
Secondo l’ultimo rapporto del WWF, la maggior parte della perdita di foreste è concentrata in 24 fronti tra America Latina, Africa subsahariana, Sud-Est asiatico e Oceania dove, tra il 2004 e il 2017, sono andati persi oltre 43 milioni di ettari, un’area grande all’incirca quanto il Marocco.
Solo nel territorio brasiliano stiamo perdendo una superficie di foresta pluviale equivalente a oltre tre campi da calcio al minuto, e se si pensa che la sola Amazonia assorbe da 150 a 200 miliardi di tonnellate di carbonio e che le foreste pluviali forniscono dal 17 al 20% dell’acqua dolce della Terra, ci rendiamo facilmente conto di quanto sia importante preservarle.
Il 93% (3,75 miliardi di ettari) della superficie forestale mondiale è composto da foreste che si rigenerano naturalmente e solo il 7% (290 milioni di ettari) viene piantato dall’uomo.
L’area di foresta a rigenerazione naturale è diminuita dal 1990 (a un tasso di perdita decrescente), mentre l’area di foresta piantata è aumentata di 123 milioni di ettari.
Le cause della deforestazione
Le Cause della DeforestazioneLe cause della deforestazione sono molteplici ma l’agricoltura commerciale su larga scala è responsabile del 40% della deforestazione tropicale tra il 2000 e il 2010, mentre l’agricoltura di sussistenza locale per un altro 33%.
Tra le altre motivazioni c’è quella dovuta alla costruzione di infrastrutture, o ancora per produzioni industriali come quella di carta e mobili, ma in questo settore sono sempre di più le aziende che si riforniscono solo da foreste certificate sostenibili come quelle del Programme for Endorsement of Forest Certification (PEFC) o del Forest Stewardship Council (FSC).
Le certificazioni forestali
Le certificazioni forestali sono nate in risposta alle preoccupazioni sullo stato delle foreste mondiali a seguito dell’Earth Summit delle Nazioni Unite tenutosi in Brasile nel 1992, che ha definito lo “sviluppo sostenibile” un obiettivo comune dello sviluppo umano e che “le foreste sono essenziali per lo sviluppo economico e il mantenimento di tutte le forme di vita”.
Ciò nonostante non si riuscì a concordare un documento vincolante per la gestione sostenibile delle foreste, e quindi la certificazione forestale è nata per riunire le persone al fine di definirlo.
Mentre la FSC è nata in Canada nel 1993 con l’obiettivo di salvaguardare principalmente le foreste tropicali, il PEFC è stato fondato nel 1999 in Europa in risposta ai requisiti specifici di famiglie proprietarie e piccoli proprietari forestali.
Benefici socio economici
Una foresta sostenibile è inoltre in grado di fornire benefici alla società in quanto aiuta a ridurre il rischio di erosione del suolo, frane e valanghe e rappresenta una barriera contro forti piogge e inondazioni.
Per questo è molto importante la pianificazione, ovvero decidere in modo sistematico se una determinata foresta debba essere destinata alla produzione di legname, alla difesa di uno specifico ecosistema o dell’assetto idrogeologico, o ancora per scopi turistici.
La pianificazione forestale in Italia
Secondo Coldiretti in Italia, soltanto il 15,7% delle foreste, equivalenti a 1,3 milioni di ettari, è soggetto a pianificazione, e soltanto il 9% è ha ottenuto una garanzia internazionale di sostenibilità.
Un peccato, se si pensa che l’Italia è oggi con 11,4 mln di ettari e il 38% della sua superficie territoriale il secondo tra i grandi paesi europei per copertura forestale, ma anche la terzo – dopo Regno Unito e Germania – per importazione di legno, con più di 20 milioni di tonnellate di materiali importati, in gran parte dai Paesi extraeuropei, con prelievi di legno che si fermano infatti tra il 18 e il 37%, contro una media europea del 62-67%.
“Il potenziale economico dei nostri boschi – spiega Martino Cerantola presidente di Coldiretti – rimane ancora inespresso e il mercato del legno mostra una crescente dipendenza dall’estero perché l’offerta italiana di legname risulta insufficiente anche a soddisfare la domanda delle industrie di trasformazione che sono dipendenti dall’estero per oltre il 70 % del materiale utilizzato”
Una sproporzione che crea un danno non solo all’economia nazionale, ma anche ai Paesi dai quali arrivano i materiali, vista l’enorme area grigia che esiste nell’import di legno, con il rischio di contribuire alla distruzione delle foreste altrui, oltre che al commercio di legname illegale.