Possono garantire la circolazione di materiali riciclati di buona qualità e ridurre così al minimo l’estrazione di risorse naturali. Eppure i mercati di Materie Prime Secondarie stentano ancora a decollare. A eccezione di alluminio, carta e vetro, in Europa e in Italia le altre filiere vivono difficoltà strutturali. Ciascun mercato presenta proprie specificità, per dimensioni e qualità, ma tutti potrebbero trarre vantaggio dall’eliminazione di ostacoli normativi, economici o tecnici che si presentano in fasi diverse della filiera.
In Europa i mercati di alluminio, carta e vetro riciclati sono quelli che funzionano di più. Gli altri vivono ancora troppe incertezze, fluttuazioni e ostacoli regolamentari. È quanto emerge dal nuovo rapporto dell’European Environment Agency pubblicato a fine gennaio, che sviluppa un quadro aggiornato per valutare la funzionalità del mercato delle materie prime secondarie (MPS). La premessa dell’analisi prodotta da EEA è che i mercati delle materie prime secondarie sono fondamentali per realizzare un’economia circolare, perché possono garantire la circolazione di materiali riciclati di buona qualità e ridurre così al minimo la necessità di estrarre risorse naturali. Nel piano d’azione dell’UE per l’economia circolare del 2020 questo ruolo è messo ben in evidenza, eppure la forte spinta politica per aumentare il riciclo e la fornitura non ha dato ad oggi i risultati sperati.
Un quadro europeo dei mercati delle materie prime secondarie
Degli otto mercati analizzati, come detto, solo tre funzionano bene: alluminio, carta e vetro. Si tratta di mercati di lunga data, internazionali e aperti e che occupano una quota significativa della rispettiva offerta di materiali. Gli altri cinque – legno, plastica, rifiuti organici, aggregati provenienti da rifiuti di costruzione e demolizione e tessili – presentano invece delle difficoltà. Le ragioni principali sono le loro dimensioni ridotte, specifiche inadeguatezze tecniche e una domanda debole nonostante l’offerta in aumento. Ma anche i criteri poco chiari di cessazione della qualifica di rifiuto, e la presenza di sostanze pericolose nei materiali riciclati rendono più lento lo sviluppo di questi mercati.
D’altra parte anche sul lato della domanda si registra una mancanza di fiducia che contribuisce ad alimentare le criticità. C’è riluttanza a investire in tecnologie che integrino i mercati di MPS nelle attività di fornitura di materie prime. Inoltre, rileva l’EEA, una questione trasversale che incide sulla funzionalità del mercato è la mancanza di informazioni adeguate per le parti interessate e l’assenza di un meccanismo di monitoraggio per osservare il mercato e proporre miglioramenti.
Cosa potrebbe fare l’UE
Secondo il rapporto dell’Agenzia esistono però alcuni percorsi per aiutare i mercati MPS a funzionare meglio. Tra questi compaiono il potenziamento o la modifica degli strumenti politici esistenti a livello dell’UE. Un esempio riguarda l’ecomodulazione delle tariffe nei regimi di responsabilità estesa del produttore, per incentivare i progettisti a considerare la riciclabilità dei prodotti. O ancora, includere l’estensione dell’uso di materie prime secondarie negli appalti pubblici verdi, rendere gli obiettivi di riciclaggio più efficaci o estenderli a più materiali di scarto e ampliare la portata dei requisiti relativi ai contenuti riciclati.
L’Agenzia ipotizza anche politiche completamente nuove. Ad esempio, potrebbe essere utile sviluppare ulteriormente norme tecniche armonizzate a livello di UE per le MPS, creare condizioni di parità per le materie prime primarie e secondarie, considerando le esternalità ambientali attraverso la tassazione delle materie prime primarie o la riduzione dell’IVA sulle MPS. Ulteriori azioni includono l’introduzione di standard tecnici o certificazioni per le MPS per garantire la qualità ai produttori.
Il modello ideale per i mercati MPS
Il modello a cui questi mercati devono puntare ha delle caratteristiche precise. Secondo il rapporto, occorre anzitutto considerare la quota di mercato, che deve essere significativa sul mercato totale per quel materiale (incluso il mercato del materiale primario). I prezzi a loro volta devono essere rappresentativi e riflettere adeguatamente le interazioni tra domanda e offerta. Inoltre, devono esserci transazioni internazionali o con un’ampia portata e driver economici adeguati, anche senza il sostegno della politica. E ancora, occorre che sia presente una solida capacità industriale per il riciclaggio, una buona disponibilità di informazioni sul mercato e una buona standardizzazione dei prodotti.
Se è vero che ciascun mercato presenta proprie specificità, per dimensioni e qualità del materiale, è altrettanto vero che tutti i mercati MPS potrebbero trarre vantaggio dall’eliminazione di specifici ostacoli normativi, economici o tecnici che si presentano in fasi diverse della filiera.
La situazione italiana
Il panorama locale per certi aspetti è in linea con gli obiettivi europei, per altri ancora carente. I dati sono quelli del Rapporto sul Riciclo in Italia 2023, voluto dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, realizzato insieme ai settori industriali coinvolti e presentato lo scorso dicembre. Lo studio prende in considerazione le performance di 19 filiere del riciclo. Carta, vetro e acciaio presentano i numeri più importanti, con un tasso di riciclo dell’81%.
Gli imballaggi in legno hanno il 63%, più del doppio rispetto al 30% previsto dall’ Ue al 2030 e il 97% del materiale legnoso riciclato in Italia viene trasformato in pannelli truciolari utilizzati dall’industria del mobile e dei complementi d’arredo. Per quanto riguarda l’alluminio, che in Italia si produce solo da riciclo, gli imballaggi hanno un tasso di riciclo del 74%, ben oltre il 60% previsto dall’Ue per il 2030. Punto dolente è quello della plastica, che ricicliamo solo al 48,6% e dunque l’obiettivo EU al 2030 del 50% deve essere ancora raggiunto. Anche il tasso di intercettazione delle bottiglie in Pet è del 68%, lontano dal 77% previsto per il 2030. L’Italia detiene il primato nel riciclo di rottami ferrosi in Europa (18,6 mln ton nel 2022) con i quali produce l’85% del suo acciaio.
I RAEE vengono riciclati solo nel 34% dei casi, percentuale che dovrebbe essere del 65% già dal 2019. Gli inerti da costruzione e demolizione hanno invece raggiunto un tasso di recupero dell’80% ben superiore all’ obiettivo del 70%. Inoltre, circa il 98% degli oli minerali usati raccolti è stato avviato a rigenerazione. Infine, il tasso di riciclo di pile e accumulatori portatili è del 33,5% in lieve calo rispetto al 2021
I mercati e le innovazioni
Come per l’analisi europea, anche in Italia si fanno sentire le tensioni internazionali e le fluttuazioni dei prezzi. Per alcuni materiali come i rottami di vetro o quelli ferrosi la domanda è elevata e il vantaggio economico è netto, anche se un improvviso balzo dei prezzi del rottame di vetro ha messo in difficoltà il settore. Per le plastiche da riciclo, le difficoltà sono maggiori a causa di una domanda debole e di una forte concorrenza dei polimeri vergini. Altri ancora, poi, come gli aggregati riciclati di qualità o gli asfalti modificati con materiale da riciclo, le difficoltà di mercato derivano anche da barriere normative o da resistenze all’impiego. Come già riportato dall’EEA, la poca chiarezza o la difficile applicazione delle regole sono un ostacolo reale.
Le innovazioni tecnologiche dovranno essere la chiave per sviluppare le potenzialità delle MPS. Lo ribadisce il Rapporto sul Riciclo in Italia, che sottolinea come siano molte le novità, ma occorre superare la fase della progettazione e della sperimentazione per raggiungere la piena maturità. Per ciascuna filiera lo studio inserisce le principali ricerche attive e le misure per il miglioramento del settore. In attesa che il mercato riconosca e valorizzi con più impegno i materiali generati dal riciclo.
Leggi i report completi:
https://www.eea.europa.eu/it/highlights/opportunita-chiare-per-disaccoppiare-la