30 Gen, 2024
Le costruzioni sono la vera miniera urbana
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Entro il 2023 circa il 60% della popolazione mondiale vivrà nelle città. Con gli attuali metodi di costruzione non è pensabile un’ulteriore crescita del patrimonio edilizio senza compromettere seriamente risorse materiali ed energetiche. Occorre una diversa strategia di rigenerazione urbana, che garantisca una percentuale maggiore di riutilizzo, valorizzazione e riciclo. Non solo in fase di riqualificazione degli edifici ma a partire dai progetti, con un approccio basato sul “ciclo di vita”. Una ricerca di ENEA svela come riqualificare il patrimonio edilizio.

La sfida urbana: crescita demografica e sostenibilità edilizia

Riqualificare il patrimonio edilizio esistente senza produrre ulteriori rifiuti e saccheggiare risorse è uno dei pilastri delle politiche europee. L’obiettivo è quello di aumentare l’efficienza delle risorse materiali e immateriali, nonché di promuovere la circolarità e la decarbonizzazione. Il settore delle costruzioni è infatti tra i più impattanti sull’ambiente. Si calcola infatti che il 60% delle materie prime viene consumato dal settore edile, che è responsabile anche del 23% delle emissioni di anidride carbonica e del maggior quantitativo di rifiuti. In particolare, le demolizioni a livello mondiale sono responsabili del 50% dei rifiuti prodotti dal settore delle costruzioni e delle infrastrutture, causando sia rumore che inquinamento.

Politiche europee per la riqualificazione sostenibile del patrimonio edilizio

Per superare questa situazione, con un approccio di economia circolare, ENEA e Sapienza Università di Roma hanno messo a punto un’innovativa metodologia di analisi che permette di individuare e di quantificare tutti i materiali presenti in edifici vecchi o in disuso da reimpiegare in progetti di riqualificazione architettonica o per nuove costruzioni. La ricerca, condotta nell’ambito del progetto ES-PA dell’ENEA e pubblicata sulla rivista Sustainable Chemistry and Pharmacy, ha dimostrato che oltre il 95% dei materiali da demolire possono essere riutilizzati per la riqualificazione della struttura stessa (35%) e per altri impieghi (60%), senza finire in discarica.

Nuove metodologie per il recupero dei materiali edili: L’approccio di ENEA e Sapienza

La metodologia è stata applicata su uno dei tanti siti di archeologia industriale presenti in Italia (occupano il 3% del territorio per una superficie di 9 mila chilometri quadrati) e, nello specifico, su un progetto di recupero di un deposito degli autobus di 11mila metri quadrati, costruito a Roma negli anni ‘30 e in disuso dal 2008.

L’approccio proposto consente la valutazione a diverse scale, da quella nazionale per individuare l’entità dei materiali recuperabili dal parco edilizio italiano con la finalità di supportare un piano di uso efficiente delle risorse a livello Paese, passando per quella intermedia finalizzata alle pianificazioni strategiche locali o di aree caratterizzate da omogeneità nei caratteri costruttivi, fino ad arrivare alla scala locale con l’obiettivo di fornire strumenti operativi per la pianificazione delle aree urbane, di quartieri o di singoli edifici,

spiega Antonella Luciano, ricercatrice del Laboratorio ENEA Valorizzazione delle risorse nei sistemi produttivi e territoriali e coautrice dello studio insieme a Laura Cutaia (ENEA), Paola Altamura e Serena Baiani di Sapienza Università di Roma.

Applicazione pratica: recupero di un deposito di autobus a Roma

Dalle analisi preliminari è emerso che il deposito preso in considerazione ha circa 18mila metri cubi di materiali, in prevalenza cemento armato, per un peso complessivo di circa 35mila tonnellate e una quantità di carbonio incorporato di oltre 15mila tonnellate di CO2. Il progetto di riqualificazione architettonica, che rappresenta uno degli aspetti chiave della metodologia di ENEA-Sapienza, prevede la conservazione della struttura in cemento armato e il recupero quasi totale di alcuni materiali ed elementi strutturali (finestre con telaio in ferro e porte in legno). Invece, “per i materiali da demolire come intonaco, piastrelle, mattoni e impianti”, spiega ancora Luciano, “abbiamo previsto l’invio fuori sito per il riciclo nelle rispettive catene del valore, attraverso impianti presenti sul territorio di Roma, o per la rigenerazione finalizzata a riutilizzi futuri”.

Benefici ambientali del riutilizzo dei materiali da demolizione

“Su un totale di oltre mille metri cubi di materiali da demolire solo una minima quantità (4,7% in volume e 4,2% in peso) è destinata allo smaltimento in discarica perché potenzialmente pericolosa” prosegue la ricercatrice di Enea. “È stato così possibile migliorare del 25% la soglia minima di legge per il recupero dei materiali da demolizione (70%). Soprattutto, questa metodologia è applicabile a tutte le tipologie costruttive che comprendono non solo edifici industriali dismessi, ma anche edilizia residenziale e scolastica”.

La miniera urbana: opportunità per la rigenerazione e il riciclo dei materiali

La presenza diffusa di siti dismessi rappresenta un’opportunità di rigenerazione urbana e di valorizzazione degli stock di materiali presenti negli edifici. L’elevata quantità di materiali e componenti, edifici e infrastrutture a fine vita può essere considerata una miniera urbana, una potenziale fonte di nuove risorse che necessitano, però, di essere quantificate e mappate per contribuire allo sviluppo di nuove strategie di riuso e di riciclo, condizione essenziale per un piano nazionale di uso efficiente delle risorse.

In concreto, l’implementazione su larga scala della circolarità nel settore edile richiede un processo innovativo di progettazione e di costruzione che integri diverse attività come la stima degli stock di materiali, la demolizione selettiva, l’approvvigionamento locale e il riciclo degli scarti provenienti anche da settori industriali diversi, la cosiddetta simbiosi industriale. Per consentire il reimpiego dei materiali, servirebbe un nuovo approccio alla demolizione delle costruzioni (la decostruzione), già in fase di progettazione, che preveda ad esempio uno smontaggio selettivo dei componenti e un’ottimizzazione del recupero di tutti i materiali riciclabili come mattoni in argilla, lastre e blocchi di pietra ed elementi in acciaio che hanno un’elevata energia incorporata e un basso calo di prestazioni nel tempo,

sottolinea ancora Luciano.

Fattori chiave per l’implementazione della circolarità nel settore edile

Per promuovere questo nuovo approccio si considerano fondamentali tre fattori: primo, la quantificazione del valore ambientale dello stock di materiali di costruzioni in disuso o a fine vita. In secondo luogo, le banche dati dei materiali e le mappature georeferenziate per conoscere le aree di distribuzione dei materiali potenzialmente riutilizzabili presenti su un territorio, integrabili nei software BIM (Building Information Modeling) per l’ottimizzazione della pianificazione, della realizzazione e della gestione delle costruzioni. Infine, le piattaforme di scambio di componenti e materiali provenienti dalle decostruzioni.

Tuttavia, alcuni vincoli normativi, la frammentazione della normativa tecnica e ambientale e un’interpretazione a volte non univoca delle norme stesse, ha di fatto seriamente rallentato negli ultimi anni un efficace recupero e riutilizzo di tali rifiuti. “Ma – conclude la ricercatrice ENEA – qualcosa si sta muovendo, come dimostrano alcuni recenti aggiornamenti normativi che puntano a ridurre lo smaltimento dei rifiuti da costruzione e demolizione e a facilitare la creazione di un mercato dei componenti recuperati”.

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