Con problemi disseminati lungo tutta la catena produttiva, il settore tessile è responsabile del 10% dell’inquinamento globale e occupa il secondo posto come settore più inquinante al mondo. Si parte da più di 92 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti e 79 trilioni di litri di acqua consumata ogni anno per il processo industriale, fino al 35% delle microplastiche riversate negli oceani attribuibili al solo lavaggio domestico.
Impatto ambientale del fast fashion
Ciò che poi stupisce è che, sebbene dal 1975 al 2018 l’acquisto di abbigliamento sia passato da 5,9 a 13kg procapite, la spesa media per persona in abbigliamento e calzature in Europa è passata, secondo una ricerca condotta dal Parlamento Europeo, dal 30% degli anni 50 a circa il 12% del 2009, e ha raggiunto il suo punto più basso proprio nel 2020.
Mentre un tempo vi erano due collezioni l’anno, oggi basta fare un giro in una qualsiasi catena di abbigliamento per rendersi conto che l’assortimento cambia con cadenza quasi settimanale, con quella qualità e velocità di consumo inversamente proporzionali che ricordano i fast food.
Importanza dell’industria tessile in Italia
L’industria tessile e della moda è un comparto produttivo di enorme importanza nell’economia italiana, che da lavoro a circa 500 mila persone, con un fatturato di quasi 98 miliardi nel 2019.
La pandemia ha inferto un brutto colpo al settore, che ha visto chiudere il bilancio del 2020 con una perdita del 26%, mentre, secondo il report Confindustria Moda “il vero e proprio recupero” sarebbe iniziato “a partire dal terzo trimestre del 2021 con una decisa accelerazione nel quarto e un progressivo ritorno a livelli di attività pre-covid nel corso del 2022”.
Durante il Milano Fashion Global Summit 2020 è emerso come la pandemia abbia agito da acceleratore rispetto ad alcune carenze già presenti riguardanti in particolare la logistica, lo sviluppo dell’e-commerce, nonché l’impatto ambientale delle industrie di settore.
Ancora nel 2020 è stata pubblicata su Nature una ricerca che mette in luce la questione ambientale emersa dallo sviluppo del settore in generale e del fast fashion in particolare.
Da un lato abbiamo quindi un elevato impatto ambientale, dall’altro un aumento della produzione a cui non corrisponde una crescita della spesa. Si compra di più e si spende di meno.
Una via alternativa: l’esempio di Manteco Srl
Vi sono però eccezioni a questa tendenza. Alcune realtà, decidono di puntare sulla qualità con un’attenzione particolare all’ecologia e all’economia circolare. Un esempio è quello della Manteco Srl, in cui è “il dipartimento della sostenibilità e della ricerca che guida il dipartimento del design” spiega Matteo Mantellassi, a capo dell’azienda: ”Il design un tempo dettava le regole, mentre oggi deve trovare un equilibrio con il dipartimento di sostenibilità. Questo è uno stimolo che porta risultati apprezzabili non solo per il nostro pianeta, ma anche dal punto di vista economico”.
La Manteco Srl è un’azienda specializzata in tessuti di alta gamma e sostenibilità. L’azienda è nata nel 1943, quando il nonno di Manetellassi, Enzo, ebbe l’idea di riportare in vita una vecchia filatura per riciclare le coperte militari; un modo per sopperire alla mancanza di materie prime derivante dalla guerra, che ha segnato un primo passo in materia di riuso e riciclo.
MWool®: innovazione sostenibile
Con l’obiettivo di divenire carbon neutral entro il 2030, potenziando il recupero degli scarti di lavorazione, ad oggi, l’azienda vanta la creazione MWool®, una lana riciclata scelta come simbolo di innovazione, sostenibilità e circolarità nel mondo della moda al Padiglione Italia della Biennale Architettura 2021.
È questa la prima lana riciclata al mondo con certificazione LCA, una valutazione scientifica sull’impatto ambientale, che ha registrato un impatto dell’87% in meno sul consumo di acqua, del 74% in meno sulle emissioni di CO2 e del 58% in meno sul consumo totale di energia.
“Si tratta di una lana che si distingue per un processo di riciclo meccanico a basso impatto – spiega Mantellassi – sia per quanto riguarda il pre che il post consumo, nonché per l’eliminazione del processo di tintura. I nostri artigiani del reparto materie prime – continua – riescono infatti a ideare nuovi colori di lana semplicemente mescolando fibre e sfumature di colore diverse”.
Certamente non è la sola industria della moda a dover fare i conti con il problema ambientale, tanto che il MISE, 11 giugno 2020, ha stanziato 210 milioni di euro per favorire la transizione delle attività economiche verso un modello di economia circolare, per fare in modo che il valore dei prodotti, dei materiali e delle risorse sia mantenuto quanto più a lungo possibile e la produzione di rifiuti ridotta al minimo.