Meglio la carta riciclata o quella prodotta in modo sostenibile? Il problema ambientale è oggi sotto gli occhi di tutti e tutti noi siamo chiamati, nel nostro piccolo, a contribuire alla salvaguardia del nostro pianeta. Certe volte però è difficile capire quale sia la scelta migliore tra i prodotti e le tecnologie presenti sul mercato. Cercheremo allora qui di rispondere a una delle domande più ricorrenti quando si parla di carta.
Carta sostenibile: una gestione responsabile delle foreste
Tra il 1980 e il 1995 abbiamo perso 200 milioni di ettari di foreste, costringendoci a fare i conti con l’uso che stavamo facendo di una delle nostre più importante risorse, gli alberi.
All’inizio degli anni 90 è nato in Canada il Forest Stewardship Council (FSC), un’associazione che promuove la gestione responsabile delle foreste nel mondo e che include tra i suoi membri ONG e gruppi ambientalisti come WWF e Greenpeace, oltre a gruppi sociali, proprietari forestali, industrie che commerciano e lavorano il legno e la carta, gruppi della grande distribuzione organizzata, ricercatori e tecnici, per un totale di quasi 900 membri.
La FSC è oggi presente anche in Italia e, attraverso il suo marchio, è possibile riconoscere i prodotti con legno proveniente da foreste gestite in maniera responsabile, comprese le risme che compriamo per i nostri uffici o gli imballaggi dei nostri alimenti.
I vantaggi di una carta certificata sono evidenti, in quanto ci permette di avere la migliore qualità di carta disponibile con la certezza che per produrla non sia stata abbattuta nessuna foresta primaria, non sia stata danneggiata nessuna comunità indigena, né tantomeno l’equilibrio dell’ecosistema.
Carta riciclata: riduzione delle risorse utilizzate
Tuttavia produrre carta porta a un consumo molto elevato di risorse idriche ed energetiche. Come riportato da Adoc, l’Associazione Nazionale per la Difesa e l’Orientamento dei Consumatori, per produrre una tonnellata di carta vergine occorrono 15 alberi, 440.000 litri d’acqua e 7.600 kwh di energia elettrica. Diversi invece sono i numeri per la produzione di carta riciclata.
Per produrre una tonnellata di carta riciclata bastano infatti 1.800 litri d’acqua e 2.700 kwh di energia elettrica. Si legge in un report di Greenpeace del 2013, che rispetto alla carta vergine, una tonnellata di carta riciclata evita il taglio di 24 alberi, riduce il consumo di 26 metri cubi di acqua e di 4.100 kWh di energia, tagliando le emissioni di CO2 di 27 chili.
Stando ai dati diffusi dalla fondazione Symbola, la filiera della carta e della trasformazione genera un fatturato annuo di circa 22 miliardi di euro, pari all’1,4% del PIL nazionale, occupa circa 200.000 addetti diretti e rappresenta uno dei settori leader dell’economia circolare in Italia e a livello europeo.
Il processo di riciclo della carta
Ma come funziona il riciclo? Innanzitutto le carte da macero non sono tutte uguali. Una prima importante distinzione è tra la carta proveniente da imballaggi e quella grafica, carte che nascono già con caratteristiche molto differenti e vengono trattate anche diversamente durante il riciclo, producendo scarti di lavorazione di natura molto diversa.
La carta grafica viene prodotta riciclando esclusivamente altra carta grafica, spesso recuperata dagli editori stessi a cui viene venduta, per cui si ha un macero sporcato esclusivamente dall’inchiostro, un inchiostro che è sempre più a base d’acqua ed ecocompatibile. A seconda della modalità produttiva con cui viene pulito il macero e prodotta la nuova carta, le cartiere possono aggiudicarsi il marchio Ecolabel dell’Unione europea, che garantisce il ridotto impatto ambientale dei prodotti lungo tutto il loro ciclo di vita.
Per quanto riguarda il consumo di acqua, i processi sono stati ottimizzati in modo da poterla riutilizzare in seguito all’eliminazione degli elementi contaminanti attraverso un sistema di filtraggio. I fanghi rimanenti dopo la depurazione dell’acqua possono essere impiegati per produrre nuova carta, nella cementificazione, o ancora in discarica, per le coperture dei rifiuti. Quando sottoposti a essiccazione questi fanghi possono essere impiegati per produrre energia elettrica, utile alla stessa azienda.
Scarti da pulper: una sfida da superare
Vi sono infine i cosiddetti scarti da pulper, dal nome di uno dei macchinari impiegati per lo spappolamento della pasta chimica in fibre elementari. Questi scarti, specialmente nella carta da imballaggio, sono composti dai materiali da cui la carta è contaminata: plastiche, puntine di ferro, spesso da avanzi di cibo e altre varie sostanze. Secondo uno studio di Assocarta pubblicato nel 2017, questi scarti non sono riciclabili e possono soltanto essere conferiti in discarica oppure impiegati nel recupero energetico tramite combustione.
Sebbene quest’ultima rappresenti la soluzione più sostenibile sia in termini economici che ambientali, le imprese incontrano diversi ostacoli nell’adottarla. Da un lato ci sono restrizioni specifiche per l’installazione di questo tipo di impianti all’interno dei siti produttivi delle aziende italiane e dall’altro la mancanza di infrastrutture sufficienti per recuperare energeticamente le quantità di scarto di pulper generate dall’industria del riciclo. Il risultato è che le aziende sono costrette a inviare il pulper a prezzo negativo a chi all’estero lo utilizza per produrre energia.
Secondo i dati dell’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, degli 1,5 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti dall’industria cartaria, corrispondenti a circa 165 kg per tonnellata di carta prodotta, lo scarto da pulper, con le sue 250 mila tonnellate, ne rappresenta il flusso più critico.
Italia: un primato nel riciclo
Nel 2020, l’Italia ha comunque segnato segnato un nuovo record in termini di riciclo della carta da imballaggio. Secondo i dati del Conai, il Consorzio Nazionale Imballaggi, nel nostro paese ne sono stati riciclati il 73%, ovvero più di 9 milioni e mezzo di tonnellate di materiale. Un risultato, ben oltre il traguardo del 65% richiesto dall’Unione Europea entro il 2025, che ci posiziona in cima alla classifica europea per riciclo degli imballaggi, secondi solo alla Germania.
Sommando ai numeri del riciclo quelli destinati al recupero energetico, il totale di imballaggi sottratti alla discarica cresce e si avvicina all’84%. Un totale di quasi 11 milioni di tonnellate. Dei 9 milioni e mezzo riciclati, quasi la metà, sono di carta.
Del resto, proprio le sue imperfezioni possono rivelarsi un valore aggiunto per alcuni prodotti, pensiamo ad esempio a certi quaderni o agende, la cui estetica rimanda a una certa etica nella produzione, che ne costituisce il punto di forza. Una preferenza, questa, emersa anche in un sondaggio lanciato da Greenpeace durante il Salone del libro di Torino del 2013.
Quello che conviene sottolineare è che non esiste una risposta univoca per tutti i tipi di prodotto, l’importante è farne un utilizzo consapevole e senza pregiudizi.
Così come la contrapposizione tra carta riciclabile e carta sostenibile può tradursi in una sintesi. La carta non è infatti riciclabile all’infinito, ma può essere riciclata un numero limitato di volte. Per questo riciclare carta che proviene da foreste sostenibili potrebbe allora permetterci di ridurre considerevolmente l’impatto ambientale.