15 Mar, 2024
Diventare grandi con i distretti biologici
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Per superare i limiti delle unità produttive singole e proteggere le aree locali dove il bio è diffuso oggi ci sono i distretti biologici. Con un ruolo di aggregazione e valorizzazione, i distretti puntano a rendere i territori più competitivi sul mercato e a creare un filo diretto tra gli operatori locali e gli stakeholder istituzionali. Sono un’opportunità di sviluppo e un volano di crescita, ma contribuiscono anche alla salvaguardia ambientale, alla conservazione della biodiversità e alla tutela delle produzioni tipiche

La Legge 9 marzo 2022: una svolta per l’agricoltura biologica

L’approvazione della Legge 9 marzo 2022, n. 23 “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico”, attesa per oltre un decennio, ha rappresentato per il settore agricolo e agroalimentare un potenziale momento di sblocco di un generale processo innovativo, a partire dal riconoscimento normativo dei distretti biologici.

La crescita dell’agricoltura biologica a livello globale

Nel corso degli ultimi dieci anni l’agricoltura biologica ha fatto registrare tassi di crescita rilevanti in quasi tutto il mondo – sia nei Paesi più industrializzati, sia in quelli emergenti e in via di sviluppo – affermandosi come uno dei comparti più vitali nell’ambito della produzione primaria. Ha inoltre conquistato fasce sempre più ampie di mercato, con un incremento costante delle produzioni e delle superfici dedicate. Si è attestato infine come il modello di agricoltura sostenibile più diffuso a livello globale.

L’Italia leader nell’agricoltura biologica: un primato d’eccellenza

L’Italia, con circa due milioni e duecentomila di ettari coltivati con il metodo biologico e circa 86.000 operatori certificati, si posiziona tra i Paesi leader nel settore dell’agricoltura biologica su scala mondiale. Se consideriamo i dati riferiti all’Unione Europea (a 27), l’Italia si classifica al primo posto per superficie bio sulla superficie coltivata totale. L’Italia, inoltre, si conferma come il primo Paese dell’Unione Europea per numero di aziende biologiche. Questo primato d’eccellenza è stato favorito da diversi fattori. In particolare, la struttura geografica della nostra Penisola ha facilitato lo sviluppo di piccole e medie aziende a conduzione familiare, che hanno scommesso sulla qualità, sull’eccellenza, sulla tradizione e sulla tipicità delle produzioni.

Questo tipo di tessuto produttivo ha agevolato, fin dall’inizio, il processo di conversione al metodo biologico. Sono proprio le caratteristiche dei territori del nostro Paese a delineare il contesto più appropriato per uno sviluppo rurale sostenibile basato sul modello dei distretti biologici, ossia degli ambiti produttivi dove la tutela e la promozione dell’agricoltura biologica – che ne deve costituire la caratteristica principale – si coniugano con il recupero delle tradizioni, delle tipicità locali e dei valori della sostenibilità ambientale.

Distretto biologico: un modello di sviluppo sostenibile

Il distretto biologico è contraddistinto anche da un’elevata qualità ambientale in linea con gli obiettivi di una vera agricoltura eco-compatibile. L’istituzione di distretti, in particolari aree in cui le produzioni biologiche risultano molto significative se non addirittura prevalenti e nelle quali il territorio presenta peculiari valenze naturalistiche, può rappresentare una opportunità di sviluppo e un volano di crescita socio-economico locale, contribuendo alla salvaguardia ambientale, alla conservazione della biodiversità, alla tutela delle produzioni biologiche dalla contaminazione accidentale da qualsiasi elemento estraneo e a preservare l’agricoltura e tutto ciò che essa rappresenta, valorizzando il suo ruolo multifunzionale e potenziando l’integrazione con gli altri settori propri dell’economia locale (rurale).

La governance innovativa dei distretti bio

Vi è anche un interesse politico per il distretto biologico, che può essere sintetizzato nella necessità di individuare strumenti innovativi di governance che possano aprire nuovi spazi di autonomia e di protagonismo per le comunità locali nella progettazione di azioni coerenti con le peculiarità del territorio e su scala più circoscritta. Il distretto biologico ha, perciò, tutte le qualità per diventare un esempio virtuoso di gestione integrata del territorio, in cui vengono riconvertiti – con un processo di vera transizione ecologica – i rapporti esistenti tra produzioni agricole (in questo caso quelle biologiche) di una determinata area e i principali fattori impattanti, quali possono essere le produzioni di energia e di acqua.

Energia rinnovabile e gestione dell’acqua nei distretti bio

In tal senso occorre sviluppare a pieno un modello innovativo di produzione energetica da fonti rinnovabili che sia diffuso sul territorio, adottando anche i sistemi di reti intelligenti ed attuando la strategia delle CER (comunità energetiche rinnovabili). La stessa logica va applicata all’uso sostenibile dell’acqua, con l’obiettivo della mitigazione e della prevenzione degli effetti dei cambiamenti climatici sulla regione target dell’intervento. Va anche attivato un rinnovato processo di rapporti con gli Enti locali aventi la responsabilità “politica” della gestione del territorio.

Tra gli obiettivi specifici del distretto si annovera l’aumento del valore aggiunto di settori produttivi già consolidati, per migliorarne le condizioni di accesso al mercato. Il ruolo del distretto è, dunque, quello di aggregare le aziende biologiche (di produzione, trasformazione e commercializzazione) dell’unità territoriale considerata, renderle maggiormente competitive sul mercato e far sì che si crei un filo diretto tra gli operatori locali e gli stakeholder istituzionali.

L’importanza della coesione e della partecipazione negli ecosistemi locali

Al fine di identificare i requisiti necessari per istituire un distretto biologico è fondamentale avviare uno studio di fattibilità distrettuale, che consenta una ricognizione delle informazioni relative alle caratteristiche ambientali, economico-produttive e istituzionali dell’area presa in esame. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, che annovera i distretti biologici e i biodistretti tra i distretti del cibo, come anticipato, con l’approvazione della legge 9 marzo 2022, n. 23 “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico” si è definita una disciplina specifica per i distretti biologici che, nei principali scopi, sono istituiti al fine di:

  • promuovere la conversione alla produzione biologica e incentivare l’uso sostenibile delle risorse naturali e locali nei processi produttivi agricoli, nonché garantire la tutela degli ecosistemi, sostenendo la progettazione e l’innovazione al servizio di un’economia circolare;
  • stimolare e favorire l’approccio territoriale alla conversione e al mantenimento della produzione biologica, anche al di fuori dei confini amministrativi, promuovendo la coesione e la partecipazione di tutti i soggetti economici e sociali con l’obiettivo di perseguire uno sviluppo attento alla conservazione delle risorse, impiegando le stesse nei processi produttivi in modo da salvaguardare l’ambiente, la salute e le diversità locali;
  • semplificare, per i produttori biologici operanti nel distretto, l’applicazione delle norme di certificazione biologica e delle norme di certificazione ambientale e territoriale previste dalla normativa vigente;
  • promuovere e sostenere le attività multifunzionali collegate alla produzione biologica.

La necessità di valorizzare l’agricoltura

La crescente attenzione nei riguardi dei distretti biologici – testimoniata anche dal testo di legge – nasce innanzitutto dall’esigenza di individuare, per quei sistemi locali caratterizzati da un certo grado di “biologicità” e potenzialmente in grado di affermarsi sui mercati internazionali, nuovi fattori di competitività tali da attivare e sostenere dinamiche di sviluppo locale. Altro obiettivo connesso all’implementazione dei distretti biologici è, invece, legato alla necessità di valorizzare l’agricoltura, integrandola con tutti gli ambiti dell’economia locale.

In questo contesto il distretto diventa un nuovo modello di organizzazione economica, sociale ed istituzionale che, in linea con la strategia di sviluppo locale e rurale sostenuta dall’UE per il nuovo periodo di programmazione 2023-2027, rappresenta lo strumento per una pianificazione realizzata secondo un approccio bottom up. Con esso, infatti, si crea un “luogo” di confronto in cui possono essere valorizzate le peculiarità locali e in cui le produzioni di beni e di servizi agricoli ma anche la cultura, la tradizione e le risorse naturali e paesaggistiche diventano i fattori di uno sviluppo concertato e sostenibile.

Gli obiettivi generali dell’istituzione di un distretto biologico sono quelli di:

  • favorire la coesione e la partecipazione degli attori della filiera biologica di un ambito territoriale definito e omogeneo;
  • valorizzare il territorio e tutelarlo dal punto di vista naturalistico e paesaggistico;
  • favorire lo sviluppo delle produzioni biologiche e delle relative filiere collegate, la tutela e la preservazione delle tradizioni colturali locali e della biodiversità agricola e naturale;
  • incrementare e sostenere le operazioni di marketing, di valorizzazione e di promozione del prodotto bio;
  • avviare un percorso di sensibilizzazione e di comunicazione, sia verso l’interno del territorio che verso l’esterno;
  • valorizzare e sostenere la produzione, la commercializzazione, la distribuzione e la promozione dei prodotti biologici;
  • agevolare e semplificare l’applicazione delle norme di certificazione previste dal Regolamento UE e dalla normativa nazionale.

Identificazione e progettazione dei distretti biologici

Per identificare un distretto biologico si prendono in considerazione la significatività del comparto biologico per la coltivazione, l’allevamento, la trasformazione e la preparazione alimentare ed industriale, con particolare riferimento alla presenza significativa di operatori biologici certificati e diversificati per tipologia, all’incidenza percentuale delle aziende biologiche sul totale delle aziende agricole, all’incidenza percentuale della Superficie Agricola Utilizzata (SAU) delle aziende biologiche sul totale della SAU dell’area.

L’elevata qualità ambientale è elemento caratterizzante del distretto biologico, in quanto consente di perseguire più facilmente e convenientemente la tutela delle qualità intrinseche dei prodotti biologici e gli obiettivi di conservazione della biodiversità e di tutela del patrimonio naturalistico e paesaggistico. Sono quindi da prendere in considerazione la presenza di certificazioni ambientali, la presenza di un sistema di aree protette e le peculiarità ambientali complessive. Essenziale sarà il coinvolgimento, fin dalle prime fasi della progettazione, di tutti i soggetti potenzialmente coinvolti nell’istituzione e nella gestione del distretto biologico (imprese, organizzazioni professionali, associazionismo locale, enti territoriali.

Verso un modello innovativo di organizzazione territoriale

I distretti biologici sono, quindi, delle entità territoriali che superano il concetto di azienda biologica come unità produttiva singola, rappresentando dei “luoghi” di addensamento e di intreccio delle filiere agroalimentari biologiche, di valorizzazione delle tipicità locali e della qualità ambientale, di sperimentazione di politiche e strumenti efficaci di sviluppo economico e sociale. Il distretto deve essere concepito, quindi, come uno strumento innovativo di organizzazione territoriale, finalizzato ad incrementare il ruolo multifunzionale del settore primario e a migliorare le performance agro-ambientali di una determinata area in chiave sostenibile, strumento essenziale attraverso il quale poter dare effettiva attuazione alla strategia “Farm to Fork”, parte importante dell’European Green Deal, della Commissione Europea.

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