Agricoltura, allevamento ed edilizia incidono spesso in maniera negativa sulla salute del suolo. Ma sono anche quei settori dell’economia che possono contribuire più efficacemente alla sua salvaguardia.
Il suolo è una superficie limitata dalla quale ci aspettiamo moltissimo. Ma dobbiamo fare i conti col fatto che questa superficie non è incrementabile
ha detto Damiano di Simine, coordinatore scientifico di Legambiente, intervistato da Re Soil Fundation.
Le minacce al suolo: dalla cementificazione alla deforestazione
Pensiamo all’impermeabilizzazione dovuta dalla cementificazione che, impedendo il normale filtraggio dell’acqua, accresce l’impatto delle alluvioni. Alla contaminazione dovuta a uno scorretto smaltimento dei rifiuti. Alla deforestazione e agli incendi, che riducono la copertura vegetale che lo proteggono. Infine, anche l’agricoltura e l’allevamento intensivi contribuiscono al suo degrado perché l’uso di macchinari pesanti e il pascolo degli animali portano a una compattazione del suolo che, diventando meno penetrabile dall’acqua, aumenta quella di ruscellamento e con essa i fenomeni erosivi. Allo stesso tempo la mancanza di acqua e di ossigeno danneggia le colture stesse in un circolo vizioso difficile, ma non impossibile, da spezzare.
Per tutti questi motivi “combattere la desertificazione, ripristinare i terreni degradati e il suolo, compresi i terreni colpiti da desertificazione, siccità e inondazioni, e sforzarsi di realizzare un mondo senza degrado del terreno” è uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite e della missione “Prendersi cura del suolo per prendersi cura della vita” dell’Unione Europea per raggiungere gli obiettivi del Green Deal, come la neutralità climatica, il ripristino della biodiversità e l’inquinamento zero.
Questa missione ha anche un ruolo attivo nel far fronte ai rischi legati al Covid-19 e ad altre malattie infettive emergenti, dal momento che nuovi promettenti farmaci sono sviluppati a partire proprio da alcuni dei microbi presenti nel suolo.
Consumo di suolo in Italia: un allarme non risolto
Secondo il report 2020 sul consumo di suolo di SNPA, il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, La velocità del consumo di suolo in Italia, ovvero il rapporto tra il consumo di suolo e l’aumento di superfici naturali, ancora non si attesta sugli standard europei e, nel caso in cui questo trend non dovesse cambiare, si stima un consumo di suolo in 1.556 km2 tra il 2020 e il 2050.
L’agricoltura è tra le principali cause dell’erosione del suolo e dei cambiamenti climatici, ma può e deve avere un ruolo di primo piano per contrastarli.
Vi sono ad esempio le tecniche dell’agricoltura conservativa che oltre alle rotazioni prevedono i sovesci, ovvero la coltivazione di alcune piante al solo scopo di aumentare la fertilità del terreno. Vengono poi impiegate colture di copertura per non lasciare i terreni scoperti nelle stagioni non produttive; vengono utilizzati fertilizzanti organici al posto di quelli chimici, permettendo di conservare la fertilità e riducendo i costi energetici di coltivazione. Pratiche di questo tipo puntano anche ad aumentare l’accumulo di carbonio nel suolo assorbendolo dall’atmosfera, contribuendo così alla lotta al cambiamento climatico.
Anche il settore zootecnico è responsabile del degrado del suolo e del suo progressivo inaridimento. Quando ad esempio un pascolo è sfruttato da un’eccessiva quantità di bestiame, queste compattano il terreno con gli zoccoli e strappano la vegetazione che protegge il terreno. L’allevamento intensivo, invece, distrugge il suolo perché la coltivazione di cereali per sfamarli, richiede moltissimo terreno coltivabile. Anche in questi casi il rimedio è quello di un allevamento non intensivo e sostenibile.
Tecniche costruttive e bonifica: rimediare ai danni dell’edilizia
Per quanto riguarda il problema dell’impermeabilizzazione dovuto alla cementificazione si può fare ricorso a tecniche costruttive che non ostacolino il naturale fluire dell’acqua, mentre per contrastare la possibilità di frane, specie in seguito ad abbondanti precipitazioni, si può ricorrere alla semina di piante erbacee perenni con radici profonde e resistenti.
Un ultimo aspetto fondamentale per recuperare suolo riguarda la bonifica dei terreni contaminati, affiancata da una corretta gestione dei rifiuti e dei materiali inquinanti.
“Le richieste che arrivano dall’economia, dai consumatori, dalla produzione del cibo sono importanti: il suolo è in grado di far fronte a tutte. Sia per la produzione di materie prime alimentari sia per altri sentieri della bioeconomia” continua il coordinatore scientifico di Legambiente, di Simine. Ma è necessario agire in modo che il suolo abbia la possibilità di rigenerare le proprie risorse: “Dobbiamo tenere presente – conclude – che la risorsa è limitata”.