28 Feb, 2023
Dai diamanti non nasce niente, dal letame nasce l’energia
Tempo di lettura

Convertire un rifiuto, il cui smaltimento ha un costo, in una fonte di energia alternativa che consente di ridurre i consumi in bolletta. Utilizzare il stallatico è un esempio perfetto di questo processo.

Un concetto base dell’economia circolare, quello della trasformazione del rifiuto in risorsa, nella ricerca di fonti rinnovabili e sostenibili. Meno comune, invece, è il tentativo di indagare le potenzialità dello stallatico equino come biomassa combustibile. K-INN Tech, spin-off innovativa dell’Università degli Studi di Padova attiva nel settore delle energie rinnovabili, chimico ed ambientale, si sta occupando della valorizzazione energetica di questa biomassa generalmente percepita come “povera” e di scarso interesse. In particolare, in uno studio pubblicato lo scorso anno sulla rivista Waste Management è stata analizzata la percorribilità tecnica dell’impiego di  stallatico equino come combustibile in caldaie dedicate per la produzione di calore e acqua calda sanitaria, al servizio di maneggi o strutture ricettive collegate.

Caratteristiche e problematiche dello stallatico equino

Lo stallatico equino è una miscela eterogenea umida composta da feci e da trucioli di legno o paglia in proporzioni variabili. Si stima che ogni anno nella sola Europa vengano prodotte 40-70 milioni di tonnellate di stallatico, destinate in larga misura allo smaltimento oneroso in discarica o sversate direttamente nei terreni agricoli come fertilizzante. Tuttavia, questa seconda pratica si scontra spesso con limitazioni di ordine economico ed agronomico: il proprietario del maneggio potrebbe non disporre di terreni coltivabili su cui effettuare lo spargimento e la presenza di legno nello stallatico può limitare la crescita delle colture ed essere incompatibile con le tecniche agronomiche di cosiddetta “minima lavorazione”. Inoltre lo spargimento di deiezioni animali su terreni agricoli è strettamente regolamentato dalla Comunità Europea attraverso la cosiddetta “Direttiva nitrati” che, fissando un limite sull’azoto massimo distribuibile per ettaro (170 kg/ha/anno), limita indirettamente la quantità massima specifica di materiale organico. 

La sfida dello stallatico come combustibile

Data la peculiarità del combustibile, la scarsità di informazioni nella letteratura scientifica e l’assenza di esperienza industriale, lo studio di K-INN Tech ha voluto rispondere ad alcune domande fondamentali: lo stallatico può essere usato come combustibile? Sono necessari pre-trattamenti? Quali riflessi hanno questi ultimi nella progettazione e nella conduzione della caldaia in cui verrà bruciato?

Le analisi chimico-fisiche su campioni di stallatico di diverso grado di maturazione e provenienti da una serie di maneggi del Veneto, hanno evidenziato, in media e su base secca, significativi contenuti di carbonio (32-48%) e moderati tenori di azoto (2-3%). Il tenore di carbonio è direttamente correlato all’energia liberabile nella combustione, mentre quello di azoto è legato alla possibile formazione di ossidi di azoto nei fumi di combustione. La elevata temperatura di fusione delle ceneri (1200°C) esclude la possibilità di formazione di incrostazioni sugli scambiatori di calore della caldaia.  Il potere calorifico inferiore su base secca si attesta nell’intervallo 15.0-17.5 MJ/kg, quindi comparabile a quello di biomasse erbacee (miscanto, sorgo) che già vengono impiegate con successo per scopi energetici. Inoltre, si è dimostrato che quando il materiale raggiunge i 200°C in atmosfera ossidante, si innesca e dà avvio ad una combustione in grado di autosostenersi.

Integrazione del processo di essiccazione e combustione

Tutto risolto quindi? Nient’affatto, perché c’è un aspetto cruciale da tenere in conto: l’umidità. Lo stallatico, infatti, come tutte le biomasse di origine animale, presenta all’origine un contenuto di umidità molto elevato, pari al 60% per lo stallatico preso nel suo insieme e ben 80% per le sole fiande. È quindi palese non solo l’impossibilità di bruciare lo stallatico tal quale, ma anche il suo utilizzo in miscela con altri combustibili secchi di maggior pregio non sarebbe una pratica efficiente, in quanto l’energia liberata verrebbe in larga misura assorbita dall’evaporazione dell’umidità piuttosto che impiegata per riscaldare i fumi. Elevati contenuti di umidità inoltre, comportano una serie di effetti negativi sulla combustione, quali: riduzione della temperatura adiabatica, limitazione dell’efficienza, aumento dei tempi di residenza, combustione incompleta ed aumento delle emissioni. Risulta allora indispensabile essiccare lo stallatico prima della sua combustione, abbattendone l’umidità almeno al 30%.

Al fine di accorciare la filiera e, quindi, i costi a carico del gestore del maneggio, il processo di essiccazione deve avvenire in maniera integrata con la combustione all’interno di un unico dispositivo che operi secondo una logica che si può definire “dalla stalla al camino”. In altre parole, produzione, pre-trattamento e combustione dello stallatico devono avvenire direttamente nel maneggio oppure, nel caso in cui la disponibilità di stallatico fosse limitata, più maneggi possono conferire il loro stallatico in un impianto comune al servizio di una smart grid termica a cui sono allacciati. 

Opportunità energetiche per il comparto equestre

Nel lavoro di ricerca sono state esaminate le possibilità tecniche per realizzare l’essiccazione in maniera efficiente, progettualmente semplice, economicamente sostenibile ed integrata con la combustione di un materiale a basso scorrimento e che tende ad aggregarsi come lo stallatico. La strada più promettente prevede l’uso di un tamburo rotante alimentato in continuo, in cui vengono fatti ricircolare in controcorrente i fumi prodotti più a valle dalla combustione dello stallatico essiccato. Un’estesa campagna sperimentale su un tamburo rotante in scala ridotta ha permesso di dimostrare sperimentalmente che i fumi, benché relativamente umidi, si prestano ad essere utilizzati come fluido essiccante.

L’analisi delle prestazioni del tamburo al variare delle condizioni di moto (velocità di rotazione ed alette interne di miscelazione) e del fluido essiccante (temperatura, portata, umidità) ha consentito di ottenere delle linee guida operative per la realizzazione di dispositivi di essiccazione full-scale. Temperature dell’aria essiccante intorno ai 300°C rappresentano un buon compromesso tra energia richiesta per riscaldare l’aria, ridotto tempo di permanenza nel tamburo e sicurezza rispetto al rischio di incendio, mentre velocità dell’aria fino a 10 cm/s ottimizza il rilascio dell’umidità evitando il trascinamento della frazione di solido più fine nella corrente.  

Specialmente nella situazione contingente e di medio periodo, caratterizzata da un costo dei combustibili fossili e dell’elettricità particolarmente elevato, la valorizzazione energetica dello stallatico secondo il principio waste-to-energy in caldaie dedicate che integrino essiccazione e combustione può rappresentare un’alternativa o un’opportunità da esplorare  per numerose realtà afferenti al comparto equestre. 

Notizie correlate

Scopri subito l'ultimo numero di

Innovazione Ecologica

Potrebbe interessarti anche

Cerca articoli su Innoecomag.com