Per raggiungere i 143 GW di potenza rinnovabile nel 2030 servono 320 miliardi di investimenti da parte del settore elettrico e della filiera industriale. Nel Piano 2030 di Elettricità Futura – la principale Associazione della filiera industriale nazionale dell’energia elettrica, si traccia la strategia per raggiungere questo target. Le opzioni includono le fonti già note, ma con nuove e aggiornate tecnologie. Come nel caso dell’eolico, che nella sua versione off-shore e galleggiante aspetta di poter debuttare anche in Italia
Quando parliamo di energie rinnovabili dobbiamo prendere in considerazione la cornice più ampia di riferimento, che è il REPowerEU, il piano europeo per dare una spinta vigorosa alla transizione verso le fonti pulite. Uno degli obiettivi è aumentare la produzione di energia elettrica da fonti eoliche e l’eolico è una opportunità che l’Italia deve cogliere. Alessio Cipullo, responsabile ufficio studi, relazioni internazionali e servizi associativi di Elettricità Futura – la principale Associazione della filiera industriale nazionale dell’energia elettrica che rappresenta il 70% del mercato elettrico italiano – ha nei mesi scorsi presentato in pubblico le linee del Piano 2030 per il settore elettrico, elaborato dall’Associazione, nel quale il rilievo dato al settore eolico è strategico. Gli abbiamo chiesto di fare il quadro della situazione per l’Italia.
Ci spieghi i tratti fondamentali del piano
Il piano indica i target da raggiungere in Italia nel 2030 in coerenza con il REPowerEU. In termini di potenza rinnovabile dobbiamo arrivare a 143 Gigawatt nel 2030. In Italia nel 2021 eravamo a 58 GW, se ne sono aggiunti 3 nel 2022. Nel 2023 stimiamo di arrivare a aggiungerne altri 6, per un totale di circa 67 GW. Nel piano abbiamo individuato quale spazio possono avere il fotovoltaico, l’eolico ma anche la geotermia e l’idroelettrico. Nel periodo 2022-2030 dovremo installare 58 GW dal fotovoltaico, 25 dall’eolico e 2 dall’idroelettrico, geotermia e bioenergie. Ma c’è bisogno di una forte accelerazione perché siamo indietro. Oltre ai nuovi impianti da costruire ci sono tutta una serie di impianti vecchi da sostituire, quindi dovremo installare 12 GW all’anno di potenza rinnovabile per raggiungere il target. La Germania lo scorso anno ha aggiunto 11 GW, e nei primi 8 mesi del 2023 altri 9 GW solo di fotovoltaico. Il nostro non è solo un piano di sviluppo del settore elettrico ma di tutta la sua filiera industriale. Con benefici nella diminuzione delle emissioni di CO2 e il ritorno economico derivante dagli investimenti, anche nell’aumento dei posti di lavoro.
IL PIANO 2030
Potenza rinnovabile nel 2030 – 143 GW Presente al 2023 – 67 GW (di cui 6 stimati per l’anno in corso) Da installare nel 2024/2030 – 76 GW (ovvero 12 GW all’anno) |
Quali sono le opportunità per italia?
Ci sono in ballo 320 miliardi di investimenti da parte del settore elettrico e della filiera industriale. Un’opportunità per tutto il tessuto economico italiano. Inoltre realizzando il piano si andrebbero a ridurre le emissioni di CO2 del settore elettrico del 75% entro il 2030, rispetto al 1990. Un passo importante verso la decarbonizzazione del settore elettrico.
Nel vostro piano si fa riferimento all’eolico, qual è la visione rispetto a questa fonte energetica?
Nel piano intendiamo l’eolico nel suo complesso, sia le tecnologie on-shore che quelle off-shore, e riteniamo che sia fondamentale il suo sviluppo. Sappiamo che in Italia quello a terra è soprattutto localizzato in alcune aree, al Sud e sulle isole. Ma ci sono potenzialità di sviluppo anche per quello off-shore.
Un’attenzione specifica è stata riservata all’eolico galleggiante. Perché è così promettente?
È la tecnologia più adatta per il Mar Mediterraneo, che è un mare più profondo dei mari del Nord Europa, per cui in molte circostanze è obbligatorio ricorrervi. È una tecnologia in fase di industrializzazione e il messaggio che vogliamo diffondere è che bisogna lavorare per renderlo competitivo. Fare, in sostanza, come è stato fatto con il fotovoltaico vale a dire, la tecnologia all’inizio ha dei costi elevati ma poi negli anni scenderanno poiché aumenterà la scala dei progetti e si verrà a creare la filiera. Inoltre nel nostro Paese può esserci sinergia tra il galleggiante e il comparto manifatturiero. Occorre fare leva sui primati industriali che abbiamo per sviluppare questa tecnologia che al momento ha bisogno di diventare competitiva rispetto ad altre tecnologie rinnovabili.
Quali sono le ultime novità che potrebbero avere un impatto sullo sviluppo dell’eolico in Italia?
Al centro dell’attenzione ci sono la bozza di Decreto Ministeriale ‘Aree Idonee’ e la questione delle aste. Partiamo dalle aste. In Italia non erano indicizzate ai cambi di costo delle materie prime e a tutto ciò che ruota intorno alla costruzione degli impianti rinnovabili. A nostro avviso è necessario fare in modo che il meccanismo si adegui ai cambiamenti che avvengono nel contesto energetico. In particolar modo agli aumenti dei costi delle materie prime. Come proposto da Elettricità Futura, già dalle prossime aste sulle rinnovabili ci sarà un adeguamento all’inflazione. In linea con quanto hanno fatto altri Paesi europei come la Germania e la Francia. C’è poi la questione delle autorizzazioni dei progetti. Il Decreto Ministeriale “Aree Idonee” ha l’obiettivo di definire le aree in cui si può accelerare l’iter dell’autorizzazione e quindi ridurne di un terzo i tempi, velocizzando l’installazione di impianti di energia rinnovabile. La bozza di Decreto, per quanto riguarda i numeri è in linea con il Piano Elettricità Futura indicando un target di 80 GW aggiuntivi da fonti rinnovabili entro il 2030. Però dall’altro lato ci sono dei criteri molto stringenti che rischiano di bloccare gli investimenti, nello specifico quei 320 miliardi che ho nominato prima, rendendo quindi impossibile raggiungere il target. Ad esempio per l’eolico, si stabilisce che un’area è idonea se ha ventosità tale da garantire 2150 ore di produzione annue. Un valore elevato che vediamo come limitazione molto forte per l’eolico on-shore. Abbiamo inviato al Governo e a tutti i Partiti politici le proposte per risolvere queste e molte altre criticità.
Esempi di impianti eolici galleggianti in funzionamento o in fase di installazione.
Fonte: Ocean Winds, joint venture di ENGIE, detenuta 50/50 con EDPR e dedicata all’eolico offshore.
Nelle acque profonde l’eolico è galleggiante
Un tipo di eolico indicato per i nostri mari è quello che utilizza la tecnologia Floating, vale a dire galleggiante. Il funzionamento di queste torri eoliche è affascinante perché grazie all’equilibrio tra aria e acqua, tra pieni e vuoti, su cui si erge, è in grado di generare importanti quantità di energia pulita. Sono strutture che possono sfiorare l’altezza della Tour Eiffel, acciaio e ingegneria che si poggiano una piattaforma galleggiante ormeggiata in più punti sott’acqua. In questo modo la torre eolica è in grado di sopportare le forti oscillazioni dell’acqua e del vento, senza cadere mai.
L’ingegner Luigi Severini, progettista di impianti e esperto di questa tecnologia, entra nel dettaglio e ne illustra vantaggi e ostacoli “Si tratta di una tecnologia – spiega – che consente di installare le torri eoliche in mare, là dove i fondali sono molto profondi, come nel caso del Mediterraneo, senza aver bisogno di costruire delle fondazioni che attraversino l’intero strato di acqua per ancorarle. In pratica, la torre eolica viene posizionata su galleggianti che vengono assicurati ai fondali mediante delle linee di ormeggio. Questo sistema ci consente di posizionare le torri eoliche a notevole distanza dalla costa, garantendone la stabilità. In Italia ad oggi non ci sono ancora impianti installati, ma solo progetti in fase di valutazione ambientale, mentre nel mondo esistono alcuni impianti di dimensioni ridotte. Tra i progetti in attesa di approvazione c’è quello del consorzio formato da Copenhagen Infrastructure Partners, Eni Plenitude e Cassa Depositi e Prestiti, a cui Severini è associato.
Progetti in Italia: Dal Canale di Sicilia al Mar Tirreno
“Il primo impianto di dimensioni industriali è quello per il Canale di Sicilia, posizionato a trentacinque chilometri da Marsala, in acque che arrivano a 300 metri di profondità – racconta Severini – poi abbiamo progetti per il Mare della Sardegna, nella zona sud del Sulcis e a nord, nel mare di Olbia. Un altro progetto è posizionato nel Mar Tirreno davanti a Civitavecchia”. Le opportunità per la filiera italiana legate allo sviluppo e all’utilizzo di questa tecnologia sono promettenti, ma ancora da costruire. “È un comparto industriale oggi inesistente in Italia che potrebbe nascere sfruttando le grandi competenze che abbiamo nel settore metalmeccanico, fino ad arrivare alla creazione di distretti industriali – spiega Severini – distretti situati in aree portuali in modo che queste strutture, che sono di grandi dimensioni, siano poi già vicine al mare. Si stima che per raggiungere 30 Gigawatt di eolico possono nascere oltre 600mila posti di lavoro in Italia”.
Uno degli aspetti interessanti di questa tecnologia, appunto, è che può essere assemblata in prossimità della collocazione, riducendo quindi i consumi e i trasporti. Tuttavia, resta una tecnologia di nicchia, dai costi di costruzione e manutenzione piuttosto alti, che possono essere ridotti con progetti più grandi o con la creazione di una filiera per la componentistica a servizio di più impianti. In ogni caso, per una produzione più stabile e pianificata, non bastano i singoli progetti. “Occorre una programmazione degli investimenti, da parte dei privati e del pubblico, per dare vita alla filiera e realizzare siti industriali in aree portuali adeguatamente infrastrutturate”, commenta Severini.